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Responsabilità ex d.lgs. 231/01: l'interesse o vantaggio dell'ente.

  • Immagine del redattore: Maria Valeria Feraco
    Maria Valeria Feraco
  • 13 feb 2020
  • Tempo di lettura: 7 min


Una recente pronuncia della Corte di Cassazione (Sez. IV Penale n. 3731/2020) fa il punto sui criteri di imputazione oggettiva della responsabilità dell'ente rappresentati dall’interesse o dal vantaggio .


Di seguito, un estratto della sentenza.


Il sistema normativo introdotto dal Decreto Legislativo n. 231 del 2001, coniugando i tratti dell'ordinamento penale e di quello amministrativo, configura un "tertium genus" di responsabilità compatibile con i principi costituzionali di responsabilità per fatto proprio e di colpevolezza (Nell'affermare tale principio, la Corte ha chiarito, in tema di responsabilità dell'ente derivante da persone che esercitano funzioni apicali, che grava sulla pubblica accusa l'onere di dimostrare l'esistenza dell'illecito dell'ente, mentre a quest'ultimo incombe l'onere, con effetti liberatori, di dimostrare di aver adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del reato, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi)" (così Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 26112-01; già in precedenza peraltro la S.C. aveva ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 5, sollevata con riferimento all'articolo 27 Cost., poiché l'ente non é chiamato a rispondere di un fatto altrui, bensì proprio, atteso che il reato commesso nel suo interesse o a suo vantaggio da soggetti inseriti nella compagine della persona giuridica deve considerarsi tale in forza del rapporto di immedesimazione organica che lega i primi alla seconda: v. infatti Sez. 6, n. 27735 del 18/02/2010, Scarafia e altro, Rv. 247665-01). Ciò posto, imprescindibile punto di partenza per la individuazione delle nozioni di "interesse" e di "vantaggio" per l'ente nell'accezione di cui al richiamato Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 5 é la nota pronunzia a Sezioni Unite n. 38343 del 24/04/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 261114-01 e 261115-01, secondo cui, rispettivamente, "In tema di responsabilità da reato degli enti, i criteri di imputazione oggettiva, rappresentati dal riferimento contenuto nel Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 5 all'"interesse o al vantaggio", sono alternativi e concorrenti tra loro, in quanto il criterio dell'interesse esprime una valutazione teleologica del reato, apprezzabile "ex ante", cioè al momento della commissione del fatto e secondo un metro di giudizio marcatamente soggettivo, mentre quello del vantaggio ha una connotazione essenzialmente oggettiva, come tale valutabile "ex post", sulla base degli effetti concretamente derivati dalla realizzazione dell'illecito" e "In tema di responsabilità da reato degli enti derivante da reati colposi di evento, i criteri di imputazione oggettiva, rappresentati dal riferimento contenuto nel Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 5 all'"interesse o al vantaggio", devono essere riferiti alla condotta e non all'evento". "Interesse" e "vantaggio", dunque, non costituenti un'endiadi, essendo concetti giuridicamente diversi e potendosi ipotizzare un interesse prefigurato come discendente da un indebito arricchimento e magari non realizzato e, invece, un vantaggio obiettivamente conseguito tramite la commissione di un reato (come già prefigurato da Sez. 2, n. 3615 del 20/12/2005, dep. 2006, D'Azzo, Rv. 222957-01): "astrattamente (...) il reato può essere commesso nell'interesse dell'ente, senza procurargli in concreto alcun vantaggio (sez. 4, n. 2544 del 17/12/2015, dep. 21/1/2016, Gastoldi ed altri). Con l'ulteriore precisazione che il concetto di "interesse" attiene ad una valutazione ex ante rispetto alla commissione del reato presupposto, mentre il concetto di "vantaggio" implica l'effettivo conseguimento dello stesso a seguito della consumazione del reato, e, dunque, si basa su una valutazione ex post" (così Sez. 4, n. 31210 del 19/05/2016, Merlino ed altro, non mass, in motivazione, sub n. 10.1. del "considerato in diritto"). Sulla scia della richiamata pronunzia della Corte di legittimità nella qualificata composizione a Sezioni Unite, si é ulteriormente puntualizzato da parte delle Sezioni semplici che ricorre il requisito dell'interesse qualora l'autore del reato ha consapevolmente violato la normativa cautelare allo scopo di conseguire un'utilità per l'ente, mentre sussiste il requisito del vantaggio qualora la persona fisica ha violato sistematicamente le norme prevenzionistiche, consentendo una riduzione dei costi ed un contenimento della spesa con conseguente massimizzazione del profitto (Sez. 4, n. 2544 del 17/12/2015, dep. 2016, Gastoldi e altri, Rv. 268065-01) e, con più approfondita analisi e secondo progressive puntualizzazioni, che "(...) il requisito dell'"interesse" dell'ente ricorre quando la persona fisica, pur non volendo il verificarsi dell'evento morte o lesioni del lavoratore, ha consapevolmente agito allo scopo di far conseguire un'utilità alla persona giuridica; ciò accade, per esempio, quando la mancata adozione delle cautele antinfortunistiche risulti essere l'esito, non di una semplice sottovalutazione dei rischi o di una cattiva considerazione delle misure di prevenzione necessarie, ma di una scelta finalisticamente orientata a risparmiare sui costi d'impresa: pur non volendo (quale opzione dolosa) il verificarsi dell'infortunio in danno del lavoratore, l'autore del reato ha consapevolmente violato la normativa cautelare allo scopo di soddisfare un interesse dell'ente (ad esempio, far ottenere alla società un risparmio sui costi in materia di prevenzione). Ricorre, invece, il requisito del "vantaggio" per l'ente quando la persona fisica, agendo per conto dell'ente, anche in questo caso, ovviamente, non volendo il verificarsi dell'evento morte o lesioni del lavoratore, ha violato sistematicamente le norme prevenzionali e, dunque, ha realizzato una politica d'impresa disattenta alla materia della sicurezza sul lavoro, consentendo una riduzione dei costi ed un contenimento della spesa con conseguente massimizzazione del profitto" (così, efficacemente, Sez. 4, n. 31210 del 19/05/2016, Merlino ed altro, non mass, cit., sub n. 10.1. del "considerato in diritto"). Si è, inoltre, affermato che "In tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica, i criteri di imputazione oggettiva rappresentati dall'interesse e dal vantaggio, da riferire entrambi alla condotta del soggetto agente e non all'evento, ricorrono, rispettivamente, il primo, quando l'autore del reato abbia violato la normativa cautelare con il consapevole intento di conseguire un risparmio di spesa per l'ente, indipendentemente dal suo effettivo raggiungimento, e, il secondo, qualora l'autore del reato abbia violato sistematicamente le norme antinfortunistiche, ricavandone oggettivamente un qualche vantaggio per l'ente, sotto forma di risparmio di spesa o di massimizzazione della produzione, indipendentemente dalla volontà di ottenere il vantaggio stesso" e "In tema di responsabilità da reato degli enti, i criteri di imputazione riferiti all'interesse e al vantaggio sono giuridicamente distinti giacché, mentre il primo é criterio soggettivo, da valutare "ex ante", e consistente nella proiezione finalistica volta a far conseguire all'ente un profitto indipendentemente dall'effettiva realizzazione dello stesso, il secondo é criterio oggettivo, accertabile "ex post" e consistente nel concreto vantaggio derivato all'ente dal reato" (Sez. 4, n. 38363 del 23/05/2018, Consorzio Melinda s.c.a., Rv. 274320-01 e Rv. 274320-02). Ciò detto, va ulteriormente precisato che, con specifico riferimento ai "reati colposi d'evento (,...quali, ad esempio, le lesioni colpose e gli omicidi colposi, si é condivisibilmente ritenuto da parte della S.C. che) il finalismo della condotta prevista dal Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 5 è compatibile con la non volontarietà dell'evento lesivo, sempre che si accerti che la condotta che ha cagionato quest'ultimo sia stata determinata da scelte rispondenti all'interesse dell'ente o sia stata finalizzata all'ottenimento di un vantaggio per l'ente medesimo. Ricorre il requisito dell'interesse quando la persona fisica, pur non volendo il verificarsi dell'evento morte o lesioni del lavoratore, ha consapevolmente agito allo scopo di conseguire un'utilità per la persona giuridica; ciò accade, ad esempio, quando la mancata adozione delle cautele antinfortunistiche risulti essere l'esito (non di una semplice sottovalutazione dei rischi o di una cattiva considerazione delle misure di prevenzione necessarie, ma) di una scelta finalisticamente orientata a risparmiare sui costi d'impresa: pur non volendo il verificarsi dell'infortunio a danno del lavoratore, l'autore del reato ha consapevolmente violato la normativa cautelare allo scopo di soddisfare un interesse dell'ente (ad esempio far ottenere alla società un risparmio sui costi in materia di prevenzione). Ricorre il requisito del vantaggio quando la persona fisica, agendo per conto dell'ente, pur non volendo il verificarsi dell'evento morte o lesioni del lavoratore, ha violato sistematicamente le norme prevenzionistiche e, dunque, ha realizzato una politica d'impresa disattenta alla materia della sicurezza del lavoro, consentendo una riduzione dei costi ed un contenimento della spesa con conseguente massimizzazione del profitto; il criterio del vantaggio, così inteso, appare indubbiamente quello più idoneo a fungere da collegamento tra l'ente e l'illecito commesso dai suoi organi apicali ovvero dai dipendenti sottoposti alla direzione o vigilanza dei primi. Occorre, perciò, accertare in concreto le modalità del fatto e verificare se la violazione della normativa in materia di sicurezza o igiene del lavoro, che ha determinato l'infortunio, rispondesse ex ante ad un interesse della società o abbia consentito alla stessa di conseguire un vantaggio" (così Sez. 4, n. 16713 del 13/09/2017, dep. 2018, Sossio ed altri, non mass., in motivazione, sub n. 5 del "considerato in diritto"). Venendo a "calare nel concreto" i richiamati principi, si è, dunque, ritenuto che "In tema di responsabilità amministrativa degli enti derivante dal reato di lesioni personali aggravate dalla violazione della disciplina antinfortunistica, sussiste l'interesse dell'ente nel caso in cui l'omessa predisposizione dei sistemi di sicurezza determini un risparmio di spesa, mentre si configura il requisito del vantaggio qualora la mancata osservanza della normativa cautelare consenta un aumento della produttività (In motivazione, la Corte ha affermato che la responsabilità dell'ente, non può essere esclusa in considerazione dell'esiguità del vantaggio o della scarsa consistenza dell'interesse perseguito, in quanto anche la mancata adozione di cautele comportanti limitati risparmi di spesa può essere causa di lesioni personali gravi). (conf. n. 31003 del 2015 e n. 31210 del 2016 N. M.)" (Sez. 4, n. 24697 del 20/04/2016, Mazzotti e altro, Rv. 268066-01) ed anche che "In tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica, il "risparmio" in favore dell'impresa, nel quale si concretizzano i criteri di imputazione oggettiva rappresentati dall'interesse e dal vantaggio, può consistere anche nella sola riduzione dei tempi di lavorazione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità dell'ente in un caso in cui, sebbene i lavoratori fossero stati correttamente formati e i presidi collettivi ed individuali fossero presenti e conformi alla normativa di riferimento, le lavorazioni in concreto si svolgevano senza prevedere l'applicazione ed il controllo dell'utilizzo degli strumenti in dotazione, al fine di ottenere una riduzione dei tempi di lavoro)" (Sez. 4, n. 16598 del 24/01/2019, Tecchio, Rv. 275570-01). Fonti di risparmio di spesa che possono costituire il presupposto per l'applicazione del Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 5, per esemplificare ulteriormente, sono anche il risparmio sui costi di consulenza, sugli interventi strumentali, sulle attività di formazione e di informazione del personale (come ritenuto da Sez. 4, n. 18073 del 19/02/2015, Bartoloni ed altri, non mass., in motivazione, sub punto n. 8 del "considerato in diritto") ovvero la velocizzazione degli interventi di manutenzione ed il risparmio sul materiale di scarto (come ritenuto da Sez. 4, n. 29538 del 28/05/2019, Calcinoni ed altri, non mass., nella parte motiva, sub n. 9.2. del "considerato in diritto").

 
 
 

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