Responsabilità 231 per il reato del RSPP
- Maria Valeria Feraco
- 9 nov 2022
- Tempo di lettura: 3 min

Con la recentissima sentenza n. 34943/2022 la Suprema Corte ha escluso che il RSPP di un’azienda, seppure titolare di un’ampia delega ai sensi dell’art. 16 d. lgs. 81/08 potesse essere inquadrato quale soggetto “apicale” nell’accezione di cui all’art. 5 comma 1 d. lgs. 231/01.
Il caso
Al RSPP di un’azienda era contestato di aver messo a disposizione dei lavoratori nel reparto “cucina formaggi” una macchina pericolosa per l’incolumità dei lavoratori, in quanto priva di dispositivi meccanici o elettronici che impedissero alle mani dei lavoratori l’accesso alle parti taglienti in movimento dell’apparato. In conseguenza di ciò una lavoratrice, venendo in contatto con le lame rotanti dell’apparato, si era procurata lesioni gravissime, per le quali il Responsabile veniva condannato ai sensi dell’art. 590 c.p.
Nel giudizio di merito, veniva altresì affermata la penale responsabilità dell’Azienda per l’illecito amministrativo di cui all’art. 25 septies d. lgs. 231/01 in relazione al delitto di lesioni colpose in quanto commesso da un soggetto (il RSPP appunto) che rivestiva la qualifica di rappresentanza e amministrazione dell’ente e a vantaggio e nell’interesse del medesimo.
L’art. 5 comma 1 d. lgs. 231/01 o dell’importanza di chiamarsi “apicale”
Com’è noto nel quadro della disciplina della responsabilità da reato delle persone giuridiche, la differenza tra i soggetti apicali ed i sottoposti non è affatto scevra da conseguenze pratiche.
Ed infatti, laddove la persona fisica responsabile del reato sia un soggetto che riveste funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale o da persone che esercitano, anche di fatto la gestione o il controllo dello stesso, per escluderne la responsabilità ai sensi del decreto 231 non saranno sufficienti l’adozione e l’efficace attuazione di un idoneo MOG, ma sarà altresì necessario che lo stesso sia stato fraudolentemente eluso.
Di contro qualora la persona fisica che ha commesso un reato sia un sottoposto l’adozione da parte dell’ente e l’efficace attuazione di un idoneo MOG saranno sufficienti ad escludere la responsabilità da reato dell’ente.
Non solo: la posizione occupata nella gerarchia aziendale dalla persona alla quale il reato presupposto è addebitato influisce altresì in sede processuale sulla distribuzione dell'onere della prova. Ed infatti, nel caso di reato commesso dal soggetto apicale sarà la difesa dell'ente e a dover provare di avere assunto le misure necessarie ad impedire la commissione di reati del tipo di quello realizzato mentre tale inversione dell'onere probatorio a carico dell'ente non si realizza nel caso di reato commesso da un sottoposto.
Nel caso di specie, i Giudici di merito erano giunti a ritenere che il RSPP dovesse essere, in effetti, considerato un soggetto apicale all’interno dell’azienda, in considerazione dell’ampiezza della delega allo stesso conferita nel settore della sicurezza sul lavoro, tanto da farlo considerare – nella sostanza – un “datore di lavoro” secondo la definizione che ne dà l’art. 2 lett. b) d. lgs.81/08.
La Corte di Cassazione ha tuttavia censurato tale conclusione, affermando che la disciplina di cui all’art. 5 comma 1 d. lgs. 231/01 ha portata generale e che, ai fini dell’individuazione delle persone dotate di funzioni di rappresentanza, gestione e direzione dell’ente e di una sua unità organizzativa provvista di autonomia finanziaria, non può prescindersi da criteri identificativi fissati dagli istituti dell’ordinamento giuridico generale, criteri che non possono essere sostituiti da quelli di un particolare settore come quello della sicurezza sul lavoro. La delega di funzioni eventualmente conferita nell’ambito dell’art. 16 d. lgs. 81/08 attiene infatti ad un ambito specifico quale è quello della prevenzione dei rischi in ambito lavorativo e non vale a determinare il trasferimento della funzione datoriale nella sua accezione gestionale e di indirizzo né a costituire il delegato in una posizione verticistica ai sensi del decreto 231.
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